06. I regali di Federico
Lettera in cui parlo di morte, e lo faccio con un briciolo di umorismo nero e tante parolacce. Se non te la senti, o non ami questo tipo di comunicazione, passa oltre.
Federico ha avuto il pessimo gusto di morire quando io non ero pronta. Cioè, nessuno lo era, perché a 39 anni non si può morire, no? E invece lui è riuscito a essere fuori dalla norma anche in questo.
Ma se riesco a pensarci senza piangere, se riesco a andare avanti con la mia vita (qualsiasi cosa significhi questa espressione), se riesco a nominarlo ogni giorno preservando un barlume di salute mentale, è anche perché mi ha fatto diversi regali - li penso così.
È morto in una bella giornata, in vacanza, facendo quello che amava, in un posto che amava, con il pensiero che avrei cucinato il pranzo per lui.
Gli avevo detto “Ti amo” dal letto, semiaddormentata, mentre usciva di casa. E gliel’avevo detto ogni giorno, per mesi. Perché da mesi eravamo molto felici insieme, e chi ci conosce sa che non era stato sempre così, in quei turbolenti ma meravigliosi 11 anni. Avevamo appena festeggiato il nostro 7° anniversario di matrimonio, con gatto al seguito.

È morto senza soffrire (troppo), verosimilmente. Quasi senza accorgersene.
Mi ha fatto fare pace con la morte. Aver capito che può capitare davvero a chiunque, in qualsiasi momento, mi ha svegliato da una specie di sogno in cui la società occidentale e capitalista ci immerge, un sogno in cui la morte non c’è perché non si vede, non si nomina, e noi continuiamo a lavorare, produrre, consumare perché ci crediamo immortali.
Mi ha regalato un’altra vita. Non migliore, ma non necessariamente peggiore. Un’altra, diversa. Avrebbe potuto scegliere un’uscita di scena meno drammatica e definitiva, magari. Avremmo potuto accordarci in altro modo, eh, anche se sono una testona e anche lui lo era.
Mi ha regalato una botta di voglia di vivere come non avevo mai avuto prima. Sono sempre stata una persona curiosa e aperta alle novità, ma ora vivo come se dovessi morire tra… una settimana, diciamo. Non penso più che quel viaggio lo farò l’anno prossimo, che dirò “Scusa” o “Ti voglio bene” la prossima volta, che quel bacio o quel vaccagare possono aspettare.
Mi ha regalato coraggio e un po’ di incoscienza, io che ho sempre fatto la “brava bambina”, insieme a lui che era bravissimo. Ora, se non faccio del male a nessuno, qualche rischio me lo prendo.
Mi ha regalato persone che vogliono starmi vicino nonostante le mie stranezze, nonostante i miei spigoli, nonostante tutto. E ha fatto piazza pulita delle altre.
Mi ha regalato la possibilità di conoscere aspetti della mia identità che mentre stavamo insieme erano sopiti o nascosti. Aspetti che ora fanno parte di me, a cui non potrei più rinunciare.
Mi ha regalato 2 anni di “bonus vedova” in cui ho potuto mandare tutti a cagare e sperimentare e viaggiare e pensare e fare piani per conquistare il mond… ehm, dicevo. Piani per avere una vita più a misura di me. Ora sono finiti da un po’, quindi la gente ha ricominciato a giudicare e a rompere perché non rientro nei “binari”, ma sticazzi. Ho capito che delle persone che giudicano e rompono faccio anche a meno.
E mi ha lasciato dei soldi, non tanti, ma abbastanza da non dovermi preoccupare di cosa mangiare ogni giorno, almeno per un po’. E l’universo sa quanto sia importante questa cosa, quando vivi un lutto come questo.
Quindi, Federico, da Salonicco brindo a te, a quello che è stato, e anche a quello che sarebbe potuto essere - tipo, avresti potuto venire in Grecia con me, vedi che scemo a morire così? Ti amo e ti amerò sempre. Ma non illuderti: continuerò sempre a raccontare di quella volta che hai provato a lasciarmi via chat, una settimana dopo che ti avevo detto “Ti amo” la prima volta. Ti devi vergognare in eterno per sta cosa, te l’avevo promesso che avrei continuato a rinfacciartelo, ovunque tu sia, anche se il tuo piano non è riuscito.
Cazzo, alla fine è riuscito.
Perché scrivo ora queste cose? Sono passati quasi 4 anni, in fondo. Sono successe tante cose, nel frattempo, ho viaggiato amato giocato riso, mi sono ubriacata ho fatto il bagno nuda ho attraversato continenti ho pianto nell’oceano.
Le scrivo perché quando muore una persona che ami profondamente, quella persona resta dentro di te. Per anni, per sempre.
E allora basta con le idee preconcette su come dev’essere il lutto, sul “rifarsi una vita”, su cosa si deve e non si deve fare: tròvati un lavoro vero, prenditi del tempo per te, stai da sola, spassatela un po’, metti a posto le cose, distràiti, attraversa il lutto, pensa ad altro.
Tu, che mi leggi: il tuo dolore è valido. La tua voglia di vita pure. Fai quello che ti senti. Troverai la tua strada. Il tempo allevia il dolore, te lo prometto.
Che regali ti ha fatto quella persona?
Sono Elena, ma mi chiamano anche Cassandra. Ho la fissa delle parole dacché ho memoria. Parlo di parole (anche di quelle che non esistono) come speaker e moderatrice. Insegno quanto sono potenti in corsi sul linguaggio chiaro e accessibile, responsabile e consapevole, con un focus su età, genere, neurodivergenze, morte, lutto e lavoro. Scrivo di femminismi e giustizia sociale su RSI (Radiotelevisione svizzera). Con l’associazione Caratteri Cubitali mi occupo di accessibilità digitale.
Se vuoi collaborare con me, scrivimi a info@elenapanciera.it.
Ancora qualche consiglio
Ho scritto due articoli per RSI sulla morte e il lutto. Ve li consiglio entrambi per capire meglio come la penso su queste cose: “Perché non riusciamo a dire morte, ed è un problema”, e “Il lutto riorganizza la tua rubrica”.
Continuo a consigliare la newsletter di
. Racconta il suo, di lutto, con parole a volte dure, a volte tenere, a volte tristi, sempre bellissime.Ho parlato di lutto anche nel programma di RSI “Storie”, nella puntata “L’amore nonostante tutto”. Mi ha intervistato
.
Ma Federico lo sa, che tengo la sua paperella gialla sul mobiletto all'ingresso, davanti al dipinto di Santa Lucia? Secondo me sì. 💫Toh, un regalo lo ha fatto anche a me. Ok, forse più di uno. Incredibile, no?
Mi riprendo da questo regalo e dalle emozioni tradotte in lacrime. Poi vengo e ti abbraccio.
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