01. In the loving memory of N
In questa prima lettera di "Geografie emotive" parlo di morte e di suicidio. Ma parlo anche di vita, tanta. Quella di N, e quella mia. Perché più forte si vive, e meno la morte fa paura.
Oggi mi è arrivato un messaggio su Instagram: “Hai saputo?” e un link al profilo Facebook di N, che diceva “In the loving memory of N”, “Con l’affettuoso ricordo di N”.
N è morta, a 37 anni. L’ho conosciuta circa 2 anni fa, in Thailandia. Ci siamo frequentate per un mese, un mese e mezzo, un periodo di entusiasmo e di sorprese.
Era una persona piena di vita, ma nel suo caso non è un modo di dire. Traboccava di vita. Scoppiava di vita. A 35 anni aveva fatto più cose di quelle che la maggior parte delle persone non fa in cent’anni, e ne era perfettamente consapevole. Infermiera, aveva lavorato in zone di guerra, aveva aiutato centinaia di persone. Aveva amato, era stata amata. Aveva comprato una casa a New York, ci aveva vissuto con la sua compagna e due cani. Aveva tentato il suicidio, aveva ricevuto una diagnosi di disturbo bipolare. Aveva venduto la casa di New York, ed era partita per il Sudest Asiatico. Quando l’ho conosciuta stava finendo un romanzo semiautobiografico in cui raccontava la sua storia di figlia di immigrati di origine cinese negli Stati Uniti, ultima di 4 figli, e la sua carriera come infermiera.
Era in terapia da un paio d’anni, e stava gestendo il disturbo bipolare anche con i farmaci. Molto di quello che so su questo disturbo lo devo a lei, alle nostre lunghissime chiacchierate in inglese, un inglese semplice, perché si era allenata durante anni e anni di viaggi, anni e anni di servizio come infermiera in territori di guerra, quando non c’è tempo per i preziosismi, bisogna capire e farsi capire, senza fraintendimenti.
Mi era piaciuta subito. Più bassa di me, lunghi capelli nerissimi e liscissimi, sempre in pantaloncini, canottiera e infradito - praticamente una divisa. Sorrideva spesso, anche se non lo faceva sempre anche con gli occhi.
N aveva carisma, e una fiducia incrollabile nelle sue capacità e nelle sue possibilità nel mondo. Qualcosa che io, da italiana, facevo fatica a comprendere. In Italia non cresci pensando di poter fare qualsiasi cosa, dal dirigere una fondazione all’avere successo come scrittrice. Soprattutto se sei socializzata donna. In Italia fai fatica anche solo a immaginare di essere economicamente autosufficiente, se sei socializzata donna.
N faceva un sacco di cose “da maschio”. Giocava a poker, e vinceva, e pensava di poter vivere di questo. Era un asso ai videogiochi, a freccette, a biliardo. Aveva provato a insegnarmi a giocare, ma io colpivo la palla giusta una volta su dieci. Quanto abbiamo riso quella sera.

Con N sono salita sul taxi-scooter in tre, a Chiang Mai. Ha convinto l’autista a farci salire entrambe, aggiungendo qualche baht. L’ho portata in giro in scooter dietro di me, in Vietnam. Siamo state sulla ruota più panoramica sulla quale sia mai salita. Mi ha assistito mentre avevo la più micidiale intossicazione alimentare della mia vita - maledetto jackfruit, non mi avrai più. Abbiamo cantato e riso a squarciagola in un karaoke in cui ci hanno spillato un sacco di soldi, con una coppia di tedeschi che viveva alle Canarie. Siamo state a uno spettacolo di drag di un’eleganza d’altri tempi, abbiamo visto un film al cinema e avevamo l’intera sala per noi. Ci siamo ubriacate con vino di frutta, al mercato. Abbiamo giocato a giochi da tavolo con persone sconosciute. Abbiamo mangiato insieme cookie alla marjuana, incredule che non ci facessero effetto, e poi invece hanno fatto effetto, eccome. Abbiamo mangiato cose assurde, visitato non so più quanti templi, riso, cucinato, e cucinato riso, e abbiamo vissuto un mese che vale anni.
N viveva molto intensamente, eppure era una di quelle persone che attraversano la vita con la morte al proprio fianco. Le persone con disturbo bipolare hanno una probabilità da 4 a 6 volte maggiore di morire prematuramente rispetto a chi non ce l’ha. E poi lei si spostava da una zona di guerra all’altra, per aiutare persone e cani. I cani, la sua passione. Voleva tantissimo un cane, anche se si rendeva conto della difficoltà di badare a un’altra creatura, con la vita nomade che faceva. Allora andava nei canili, coccolava tutti i cani che trovava sulla sua strada, e cercava il modo di adottarne uno garantendogli una vita serena.
Quando sono tornata in Italia ci siamo allontanate. Visioni del mondo diverse, che quando eravamo entrambe in viaggio ci sembravano più vicine, e poi invece si sono fatte sentire. Seguivo i suoi viaggi su Instagram, le sue imprese - ha fondato una ONG, è stata a Gaza, ha continuato ad aiutare tutte le persone che riteneva avessero bisogno di lei.
N ha avuto una vita densa. Non aveva paura della morte, perché sapeva che poteva accadere in ogni momento e ha vissuto in modo da non avere rimpianti. È morta nel posto che amava di più al mondo, Phuket. È caduta da una moto d’acqua. L’hanno ritrovata dopo diversi giorni.
Non lo so perché sto scrivendo di questo, proprio di questo. Forse perché la similitudine con la storia di Federico, mio marito, scomparso in montagna e ritrovato dopo quasi 3 settimane, è davvero grande, e io sto cercando un senso a queste storie. Forse perché credo mi capiterà di nuovo, di incrociare nel mio cammino persone piene di vita che mi affascineranno e che incontreranno la morte troppo presto. Troppo presto rispetto a cosa, poi. N lo sapeva che poteva morire da un momento all’altro. Lo sapeva perché ci era passata molto vicino, alla morte, diverse volte. Viveva senza preoccuparsi del futuro, con la fiducia che in qualche modo se la sarebbe cavata, e consapevole dei rischi che correva anche solo esistendo.
Chi decide quando è il momento giusto per morire? Chi decide che è meglio farlo a cent’anni, in solitudine, con un corpo che non riconosci più, la memoria che svanisce?
Ciao, N, sei stata luce in questo viaggio.
Sono Elena, ma mi chiamano anche Cassandra. Ho la fissa delle parole dacché ho memoria. Parlo di parole (anche quelle che non esistono) come speaker e moderatrice. Insegno quanto sono potenti in corsi sul linguaggio chiaro e accessibile, responsabile e consapevole, con un focus su età, genere, neurodivergenze, morte, lutto e lavoro. Scrivo di femminismi e giustizia sociale su RSI (Radiotelevisione svizzera). Con l’associazione Caratteri Cubitali mi occupo di accessibilità digitale.
Se vuoi collaborare con me, scrivimi a info@elenapanciera.it.
Ancora alcuni consigli
Molto di quello che so sul disturbo bipolare lo so grazie a Daniela @icielidirlanda. Questa pagina è piena di riflessioni, consigli, consapevolezze. Te la affido.
Consiglio il terzo episodio della prima stagione di “Modern Love”, su Amazon Prime, “Take Me As I am, Whoever I Am” (“Prendimi come sono, chiunque io sia”). Racconta la storia di Lexi, che ha il disturbo bipolare. Qui c’è il finale, quindi non cliccare se pensi di voler guardare l’intero episodio.
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Ti ho letta mentre ti ascoltavo, è stato wow.
Leggendo sono inciampato in alcuni pensieri che adesso guardo curioso, come se volessi mettere a fuoco cosa ha disturbato il mio procedere. Mi sono accorto che ho provato invidia per questa persona che hai descritto come piena di vita, perché non mi sento più così. Al contrario di N, ho fatto pochissime esperienze fino a quando avrei potuto cogliere più occasioni, mentre adesso mi convinco di non averne più. Non mi rendo conto di quanto sia il distacco fra questa convinzione e l’oggettività degli ostacoli che mi trovo realmente davanti e che sembrano insuperabili. In ogni caso, non riesco a dirmi che sia solo un’illusione, nemmeno per lo spazio di un incoraggiamento. Non mi viene. Forse però quello che posso fare è concedermi uno spazio per l’immaginazione. In questo momento è il più grande lusso che potrei concedermi.
Grazie per avermi dato l’occasione di sbirciarmi dentro.
Ti voglio tanto bene. 🌱