04. Non ho più tempo da perdere
Con lavori che servono solo a sopravvivere, con persone che non danno niente, con luoghi che mi fanno volare via. Dove? Chissà. Non è così importante, in fondo. Perché Federico è morto.
Non sono mai stata una persona paziente. Anche se ho dovuto diventarlo, grazie al genere che mi è stato attribuito alla nascita - femminile - e agli infiniti rimbrotti che mi sono arrivati in quarant’anni di vita, perché non sapevo stare in fila per ore, non sapevo aspettare il mio turno, non sapevo stare zitta quando evidentemente dovevo farlo.
Ma poi Federico è morto. Federico che non poteva morire. Federico prudente, Federico saggio, Federico che mi avrebbe salvato da un’apocalisse zombie perché sapeva fare tutto, Federico a cui avevo fatto giurare che sarebbe morto dopo di me.
Quando muore una delle persone più importanti della tua vita, una persona che hai scelto e voluto con tutte le tue forze, che hai amato nonostante le differenze e le difficoltà, caparbiamente, poi tutto si ribalta. Le cose che erano importanti perché c’era lui - le vacanze, il divano verde in salotto, i regali di compleanno di parenti acquisiti, i quadri da appendere in soggiorno - tornano a essere insignificanti.
Tutto diventa insignificante, d’un botto. E insopportabile. Un lavoro che facevi per contribuire ai conti della famiglia. Clienti che ti trattenevi dal mandare a cagare solo perché c’era il mutuo, e lui la sua parte la pagava ogni mese, puntualissimo. Persone che sopportavi perché Federico gli voleva bene. Ma anche quelle lampadine che non illuminavano, perché a lui davano fastidio le luci forti. Quegli aggeggi elettronici in casa che non hanno mai funzionato, tutti con la loro scatola originale, che non si buttava perché non si sapeva mai. Quella pentola di ghisa così assurdamente gigante che aveva voluto, roba da cucinare tanto da sfamare uno stadio, ma tanto lui non invitava mai nessuno, ero io quella che faceva le feste a caso abbinando gente a caso, ed erano sempre divertenti perché facevo conoscere lo scrittore e la tanguera, la professoressa e il tecnico IT, l’imprenditrice e il musicista.
E capisci che se lui è morto, lui prudente, lui saggio, niente ha più senso. Niente di quello che ti hanno raccontato è vero. Non è vero che se ti comporti bene allora vivrai felice e contenta. Non è vero che se lavori tanto e bene avrai quell’aumento. Non è vero che il valore delle amicizie si misura dagli anni da cui ti conosci.
Se lui è morto, non è vero niente. Ti hanno sempre raccontato un sacco di palle.
Se lui è morto, questo mondo è una fregatura.
Se lui è morto, l’unica cosa che conta è essere felice in questo battito di ciglia in cui sei viva senza di lui. Ma anche lasciare un’impronta, come quella che ha lasciato lui, sottile e gentile.
L’unica cosa che conta è essere fedele a te stessa, che sei l’unica persona che non ti abbandonerà mai. L’unica cosa che conta sei tu, riuscire a guardarti allo specchio e a dormire la notte.
Non c’è più tempo da perdere, non ho più tempo da perdere con lavori che servono solo a pagare il mutuo, con amicizie con cui condivido solo gli anni da cui ci conosciamo. Non ho più tempo da perdere in una città che mi tarpa le ali, in un appartamento pieno di ricordi ma senza futuro, in un paese per il quale non conto niente perché non ho figliato, perché ho un cervello strambo, perché non produco abbastanza, non voglio produrre, non voglio stare in questo sistema, non do il mio contributo a questa economia capitalista.
Se lui è morto, io posso morire anche domani, perché non conta quanto sono prudente, forte, allenata, serena, felice, risolta. Non conta niente. Morirò a caso, insensatamente. E anche tu.
Cosa vogliamo fare nel nostro ultimo giorno di vita?
Sono Elena, ma mi chiamano anche Cassandra. Ho la fissa delle parole dacché ho memoria. Parlo di parole (anche di quelle che non esistono) come speaker e moderatrice. Insegno quanto sono potenti in corsi sul linguaggio chiaro e accessibile, responsabile e consapevole, con un focus su età, genere, neurodivergenze, morte, lutto e lavoro. Scrivo di femminismi e giustizia sociale su RSI (Radiotelevisione svizzera). Con l’associazione Caratteri Cubitali mi occupo di accessibilità digitale.
Se vuoi collaborare con me, scrivimi a info@elenapanciera.it.
Ancora qualche consiglio
- ha una newsletter in cui parla di maternità: “”. A me piace tanto, perché non è mai scontata o sdolcinata, anzi. E ti senti accolta anche se di prole non ne hai avuta. Ti consiglio anche il suo libro “Libere di scegliere se e come avere figli”, uscito per Einaudi nel 2024.
Non credo sia il mio destino, sono troppo cinica e amo troppo vivere, ma “Si può morire d'amore, sì”. Se avete il mio stesso interesse assorbente, vi consiglio la newsletter “
”, di Sofia Corradin ().E anche la newsletter di “
”, un progetto collettivo che nasce dal desiderio che nessuna persona “debba più sperimentare la preoccupazione, la solitudine e l’incertezza (economica, sociale e lavorativa) di fronte alla morte di una persona cara”.
❤️
Cara cara cara, ti voglio bene 🪴