A 41 anni, grazie a una diagnosi di ADHD e alto potenziale cognitivo. E depressione, DOC, ansia. Quante risposte, per il mio povero cervello inquieto. Ma ora posso provare a impararmi di nuovo.
"[...] un nuovo certificato di nascita. Non è cambiato niente, nella mia vita, ma è cambiato tutto. Sta cambiando tutto. Sto smantellando tutte le sovrastrutture che ho costruito in questi anni per funzionare in società, per riuscire a lavorare, ad avere delle relazioni con gente neurotipica. Sto imparando a conoscermi di nuovo, a perdonarmi quando non “performo” come la gente si aspetta che faccia. Sto imparando ad ascoltare le mie esigenze [...]"
"Sto smantellando tutte le sovrastrutture che ho costruito in questi anni per funzionare in società, per riuscire a lavorare, ad avere delle relazioni con gente neurotipica."
Ho notato la tendenza, nelle persone neurodivergenti, a dividere il mondo in due: neurodivergenti e neurotipici. (ecco, l'ho fatto anch'io)
Ma tra i neurotipici ci sono differenze enormi, che condizionano la facilità di ognuno di avere delle relazioni con gli altri. E poi ci sono altre condizioni, non neurologiche o mentali, che influiscono sulla vita delle persone, sulla loro sociabilità.
Non è una polemica, sto cercando di capire un mondo che conosco poco. (e l'ho fatto di nuovo)
Sì, ammetto di aver semplificato alquanto. Ovviamente ci sono persone neurotipiche e persone neurotipiche. E non è che essere neurodivergenti salvi dall'essere - per esempio - stronzi (anche qui ho una discreta collezione). In generale, però, noto che le persone che vivono qualche tipo di oppressione (razzializzate, disabili, donne e persone non binarie, neurodivergenti, queer...) tendono a avere uno sguardo sul mondo più affine al mio. Solitamente sono abituate a problematizzare, a farsi domande, a approcciare la vita senza certezze assolute. Nella mia esperienza, poi, capita spesso che due o più condizioni di oppressione convivano nella stessa persona - io stessa sono ND, queer, donna. Di solito ho più facilità a relazionarmi con persone simili a me, da questo punto di vista. Tu?
Non lo so, immagino che succeda anche a me, anche se le persone più vicine a me sono diverse da me. In realtà, non so nemmeno se considerarmi neurotipico o neurodivergente, o nessuna delle delle due cose, o entrambe. A me sembra che ci siano talmente tante variazioni della mente umana da rendere impossibile una classificazione assoluta di questo tipo. Il confine tra tipico o divergente lo mette la società, non il soggetto interessato.
Uhm, secondo me un po' e un po', quest'ultima cosa. Cioè, un po' ti definiscono le altre persone, ma un po' puoi autoidentificarti - e quindi autodefinirti - anche tu. A prescindere dalla diagnosi, peraltro. Ne parla bene Eleonora Marocchini nel suo libro "Neurodivergente", c'è proprio un capitolo su questa cosa. Te lo consiglio!
Ormai è un appuntamento fisso per me! Sì, le nostre storie servono, ci servono. Grazie che racconti la tua. Io - quando mi viene - racconterò altri pezzi della mia. Un abbraccio, Anna!
"[...] un nuovo certificato di nascita. Non è cambiato niente, nella mia vita, ma è cambiato tutto. Sta cambiando tutto. Sto smantellando tutte le sovrastrutture che ho costruito in questi anni per funzionare in società, per riuscire a lavorare, ad avere delle relazioni con gente neurotipica. Sto imparando a conoscermi di nuovo, a perdonarmi quando non “performo” come la gente si aspetta che faccia. Sto imparando ad ascoltare le mie esigenze [...]"
La dichiarazione d'amore a se stesse più bella.
È faticoso, bisogna ricominciare da capo. Però sì, è anche bellissimo capirsi meglio, finalmente! 💜
"Sto smantellando tutte le sovrastrutture che ho costruito in questi anni per funzionare in società, per riuscire a lavorare, ad avere delle relazioni con gente neurotipica."
Ho notato la tendenza, nelle persone neurodivergenti, a dividere il mondo in due: neurodivergenti e neurotipici. (ecco, l'ho fatto anch'io)
Ma tra i neurotipici ci sono differenze enormi, che condizionano la facilità di ognuno di avere delle relazioni con gli altri. E poi ci sono altre condizioni, non neurologiche o mentali, che influiscono sulla vita delle persone, sulla loro sociabilità.
Non è una polemica, sto cercando di capire un mondo che conosco poco. (e l'ho fatto di nuovo)
Sì, ammetto di aver semplificato alquanto. Ovviamente ci sono persone neurotipiche e persone neurotipiche. E non è che essere neurodivergenti salvi dall'essere - per esempio - stronzi (anche qui ho una discreta collezione). In generale, però, noto che le persone che vivono qualche tipo di oppressione (razzializzate, disabili, donne e persone non binarie, neurodivergenti, queer...) tendono a avere uno sguardo sul mondo più affine al mio. Solitamente sono abituate a problematizzare, a farsi domande, a approcciare la vita senza certezze assolute. Nella mia esperienza, poi, capita spesso che due o più condizioni di oppressione convivano nella stessa persona - io stessa sono ND, queer, donna. Di solito ho più facilità a relazionarmi con persone simili a me, da questo punto di vista. Tu?
Non lo so, immagino che succeda anche a me, anche se le persone più vicine a me sono diverse da me. In realtà, non so nemmeno se considerarmi neurotipico o neurodivergente, o nessuna delle delle due cose, o entrambe. A me sembra che ci siano talmente tante variazioni della mente umana da rendere impossibile una classificazione assoluta di questo tipo. Il confine tra tipico o divergente lo mette la società, non il soggetto interessato.
Uhm, secondo me un po' e un po', quest'ultima cosa. Cioè, un po' ti definiscono le altre persone, ma un po' puoi autoidentificarti - e quindi autodefinirti - anche tu. A prescindere dalla diagnosi, peraltro. Ne parla bene Eleonora Marocchini nel suo libro "Neurodivergente", c'è proprio un capitolo su questa cosa. Te lo consiglio!
Grazie per aver consigliato Atpiche ❤️ Mi hai fatto commuovere, soprattutto per la tua storia. Mannaggia a te 🙃
Ormai è un appuntamento fisso per me! Sì, le nostre storie servono, ci servono. Grazie che racconti la tua. Io - quando mi viene - racconterò altri pezzi della mia. Un abbraccio, Anna!
Non vedo l'ora di rileggerti. Grazie, un abbraccio a te!
Mi sono un po' commossa. Un po'. Disse lei con gli occhi appannati mentre non riusciva a finire il commento.
Hahaha Donata! Ti racconto tutto presto a voce, anche a te. Ma quanto ci serve raccontarci?!